Quelle notti accanto a chi è “invisibile”: l’Unità di strada Caritas e Apg23 promossa con i fondi 8xmille

28 Febbraio 2024
Categorie: Povertà

Non aspettare che siano le persone in difficoltà a bussare alla porta, ma prendere su e partire. Andare per strada e incontrare coloro che sono nel momento del bisogno e mettendosi al loro fianco. Durante la notte, con grande rispetto, si bussa così in quelle loro ‘case’ che possono prendere la forma di un capannone abbandonato in periferia o, addirittura, di una panchina che non ripara minimamente dal freddo dell’inverno. In quel contesto, anche solo un chiedere ‘coma va?’, il fare due chiacchiere e bere del the caldo assieme vuol dire tanto per chi si sente un invisibile agli occhi della società. È con questo spirito che ogni settimana, senza tanti riflettori, si metto in cammino per Faenza l’Unità di strada della Caritas diocesana, Fondazione Pro Solidarietate e Comunità Papa Giovanni XXIII. Gruppi di quattro o cinque persone che, sulla base di segnalazioni, incontrano persone senza fissa dimora, che si trovano al freddo, sole e senza reti sociali. Per stare un po’ di tempo con loro e iniziare a costruire una relazione che possa aiutarle, nel tempo, a uscire dall’isolamento.

Il progetto finanziato con i fondi 8xmille alla Chiesa Cattolica

Le unità di strada, come Caritas diocesana, a Faenza sono partite da un anno e mezzo. Inizialmente il progetto è stato promosso dal Comune con l’obiettivo di mappare le aree più bisognose di questo tipo di servizio. Grazie ai fondi 8xmille alla Chiesa Cattolica è stato finanziato il progetto Caritas Una tenda nel deserto, che ha permesso di sviluppare gli interventi delle unità di strada, del dormitorio e del centro diurno “La Tenda” a San Domenico. Le unità di strada oggi contano una ventina di volontari che in vari turni si ritrovano alle 21 per preparare l’occorrente necessario alla serata: the caldo, brioches, biscotti, coperte. Poi fino a mezzanotte si va in giro, senza sapere esattamente chi si incontrerà e se l’attività di quella notte darà frutti.

Si parte e non si sa chi si incontrerà

unitastrada

Ci si muove sulla base di segnalazioni e in media si incontrano tre o quattro persone a notte. «L’obiettivo non è tanto incontrare il maggior numero di persone possibili – spiega l’operatrice Caritas Giulia Babini -, ma instaurare rapporti significativi, e per questo ci vuole tempo e pazienza. La persona che incontriamo deve percepire che, in quel momento, siamo lì per lei al cento per cento». Anche perché riuscire a creare legami non è facile. «Sembra stano dirlo – prosegue Giulia -, ma quando usciamo in strada e incontriamo queste persone, entriamo nella loro “casa”, che in quel momento è una panchina o un posto di fortuna, ma è luogo dove vivono e che sentono loro. Per questo ci vuole sempre tanto tatto e rispetto. In certe occasioni si sperimenta un grande senso di impotenza, di fronte allo scenario in cui vediamo dormire le persone. Alcune poi non vogliono farsi aiutare e vogliono continuare a fare quel tipo di vita. Non è semplice. Alcune sono scoraggiate dal fatto che, anche se le aiutassimo, non riuscirebbero comunque ad avere una casa, o hanno pregiudizi nei confronti della Caritas».

Accanto ai momenti più complessi, non sono mancati però durante quelle notti anche tanti segni di speranza. «Una volta – ricorda – abbiamo incontrato alcune persone che si trovavano vicino a un capannone abbandonato che usavano come bivacco. All’inizio queste persone erano molto restie a parlare con noi: conoscevano la Caritas, ma non venivano a chiedere aiuto perché erano scettiche. Però comunque ci hanno sempre ascoltato e ospitato nella loro ‘casa’ e col tempo sono stati molto accoglienti. Abbiamo fatto volentieri delle chiacchiere con loro. Quella diffidenza iniziale si è dissolta, e sono nate relazioni di fiducia». Le storie delle persone incontrate sono variegate. Ci sono molti stranieri irregolari, che non hanno possibilità di lavorare e sanare la propria posizione. Non mancano però anche diversi italiani, che fanno questa vita da anni e in un certo senso si sono arresi. Così come ci sono persone che sono solo di passaggio, arrivati magari quel giorno in stazione e che si riparano nei pressi della stazione. A volte subentrano anche disagi psichiatrici che li portano a far fatica a chiedere aiuto.

Il centro diurno La Tenda

Il progetto 8xmille non si esaurisce con l’intervento delle unità di strada. Il passo successivo è quello di offrire anche altri momenti per riorientare la propria vita. E in questo, il gioco può fare la differenza e abbattere le barriere interpersonali. Il centro diurno La Tenda, attivo da alcuni anni a San Domenico, vuole dare posto caldo e di socializzazione in cui stare. Si rivolge non solo a chi non ha una casa, ma anche a persone sole e senza reti sociali. Il centro è aperto il mercoledì, il giovedì e il venerdì dalle 16 alle 18. «Dopo un iniziale periodo di rodaggio, ora viene frequentato con continuità da una decina di persone» commenta Giulia. Oltre a cibi e merende, il centro è dotato di carte e giochi da tavolo. «Una delle cose che mi colpisce, è come la dimensione del gioco riesca a rimuovere le formalità istituzionali tra le persone. E rende gli ospiti molto più propositivi con noi e tra di loro». Capita così che l’ospite tunisino, prima timido, si sciolga nell’imparare a giocare con le carte romagnole e rilanci insegnando lui qualche gioco del suo Paese. «Il gioco da carte ‘Uno’ ormai spopola – commenta Giulia- e a fianco alle attività ludiche, alla Tenda si offrono anche merende, magari tipiche di qualche nazionalità degli ospiti».

Il dormitorio Caritas cerca volontari

Una tenda nel deserto finanzia poi il dormitorio maschile Caritas, che offre 14 posti letto tutte le notti. «Le persone accedono al dormitorio dopo i colloqui al Centro di ascolto diocesano – spiega Giulia – in inverno apre alle 20 e al mattino è aperto fino alle 7. Qui le persone senza fissa dimora hanno a disposizione il servizio docce, un letto caldo e la possibilità di fare colazione. Si tratta di un servizio molto importante d’inverno. Come dicevo prima, però, l’aspetto relazionale non è secondario. Se l’accoglienza è fatta solo di materialità diventa effimera». Essendo aperto tutte le notti, il ruolo dei volontari che ne garantiscano l’apertura e si fermino a fare due chiacchiere con gli ospiti è fondamentale. «Si tratta di un servizio che può essere svolto da chi, magari, non riesce a dedicare del tempo per gli altri durante al giorno, per esempio per motivi di lavoro». «In generale – conclude Giulia – questi percorsi Caritas finanziati con l’8xmille testimoniano una Chiesa in uscita, che si mette alla pari e vicina ai propri fratelli e sorelle più in difficoltà. Non sempre c’è la ricetta giusta per aiutare: ci si prova, si procede per tentativi, ma non si resta mai fermi di fronte ai bisogni dell’altro che chiede aiuto»

Samuele Marchi

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