In tanti Paesi la pandemia sta cancellando i diritti delle donne

7 Novembre 2020
Categorie: Emergenze

“[…] l’organizzazione delle società in tutto il mondo è ancora lontana dal rispecchiare con chiarezza che le donne hanno esattamente la stessa dignità e identici diritti degli uomini. A parole si affermano certe cose, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che doppiamente povere sono le donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, perché spesso si trovano con minori possibilità di difendere i loro diritti […]” Fratelli tutti, n.23

Queste parole di Papa Francesco sono drammaticamente confermate, soprattutto in questo tempo nel quale la pandemia sta aumentando disuguaglianze e vulnerabilità in ambito sociale, politico e nei sistemi economici. Le donne e le ragazze, in particolare, sono sempre più vittime di sistemi ingiusti e discriminatori: guadagnano meno, risparmiano meno e sono occupate in lavori precari e informali, spesso condannate a vivere in povertà. Secondo una recente analisi pubblicata dalla rivista scientifica Lancet Global Health stima che una riduzione dei servizi per la salute materna, pari al 10-18%, può portare a 12mila morti in più in sei mesi nei paesi più poveri.

Il lavoro di assistenza e cura, in gran parte sulle spalle delle donne, si aggrava, mentre continua a essere scarsamente retribuito. Le donne devono seguire i bambini che non possono più andare a scuola, devono offrire assistenza ai più anziani, che sono più colpiti dalla pandemia, devono tenere unite famiglie divise dalla pandemia, mentre i servizi sanitari sono sotto pressione e insufficienti. Le donne nei paesi impoveriti, in Asia, America Latina e Africa, sono lavoratrici fondamentali, nel settore agricolo e nei servizi, per la sussistenza delle famiglie. Ora il blocco delle attività le limita, le porta fuori dal mondo lavorativo e provoca loro forti stress psicologici.

Una situazione che già prima della pandemia indicava come fossero le donne coloro che lavorassero di meno nel mondo: il 94% degli uomini tra i 25 e i 54 anni ha un’occupazione contro il 63% delle donne nella medesima fascia di età, queste ultime percepiscono uno stipendio minore rispetto a quello dei loro colleghi. Gli ultimi dati Eurostat sulla disparità salariale tra uomo e donna fotografano una situazione, in Europa, che vede una differenza media nello stipendio del 15%, seppure questo dato sia in costante diminuzione negli ultimi anni. In Asia del Sud oltre l’80% delle donne, nell’Africa sub-sahariana il 74% e in America latina il 54% delle donne lavorano in occupazioni informali senza alcuna protezione e con una retribuzione minima.

La violenza di genere, a causa dei limiti alla mobilità e all’isolamento sociale, è aumentata. Molte donne sono state costrette a una “coesistenza domestica obbligatoria” con i loro maltrattanti, nello stesso momento nel quale i servizi a difesa di queste donne sono in sofferenza o inaccessibili.

Nel 2019 sono state 243 milioni le donne vittime di abusi e violenze, un numero che si stima sia in forte aumento a causa della pandemia. In Francia, ad esempio, si è stimato un aumento del 30%, il 25% in Argentina e così in Cipro e Singapore. Ancora più difficile analizzare la situazione nei paesi impoveriti, dove molte donne sono escluse dai sistemi di protezione sociale.
Senza contare che alcuni studi stimano che nel 2020 quasi 500mila ragazze in più nel mondo potrebbero essere state costrette al matrimonio forzato per effetto delle conseguenze economiche della pandemia, alle quali si aggiungeranno 1 milione in più di gravidanze precoci, causa principale di morte per le ragazze tra i 15 e i 19 anni.

I governi hanno adottato pacchetti di promozione di prevenzione e misure di emergenza per colmare le lacune in materia di sanità pubblica, prestando però poca attenzione alla cosiddetta questione di genere. È fondamentale che tutti gli Stati diano risposte collocando le donne e le ragazze – la loro inclusione, la loro rappresentanza, i loro diritti, i loro diritti sociali ed economici, i risultati in termini di uguaglianza e protezione – al centro delle loro politiche. Non si tratta solo di rettificare gli effetti di lunga data delle disuguaglianze, ma di costruire una società più giusta e un mondo resiliente perché le donne sono le più colpite da questa pandemia, ma possono essere la spina dorsale della ripresa e della resilienza delle comunità.

Come ha sottolineato Papa Francesco in un recente messaggio alla Consulta Femminile del Pontificio Consiglio della Cultura, le donne possono essere “[…] portatrici di pace e di rinnovamento […] una presenza che, con umiltà e coraggio, sa comprendere e accogliere la novità e generare la speranza di un mondo fondato sulla fraternità”.

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