“Un sorriso d’accoglienza”- Il Piccolo 15/02/2019

Quando supero, con considerevole anticipo sull’orario di apertura, il portoncino d’accesso, nel piccolo cortile del Centro di Ascolto della Caritas diocesana c’è già una piccola folla in attesa. Saluto tutti con un sorriso e, prima che riesca a salire i pochi gradini dell’ingresso, è già partito un fuoco d’artificio di domande e richieste. È giusto così: io sono appena arrivata, ma alcuni di loro sono in attesa già da ore nel piccolo cortile. Arrivano in anticipo, spinti dal bisogno pressante di trovare qualcuno che abbia tempo e voglia di ascoltare le loro storie faticose e dal timore, se in troppi sono lì prima di loro, che il pomeriggio non sia abbastanza lungo per contenere i racconti di tutti. Alcune richieste sono facili da esaudire – “Pipì, per favore“ “Un bicchier d’acqua per mandar giù le medicine” – altre – “Senti, me la pagano la bolletta prima che mi staccano il gas e passo il resto dell’inverno al freddo?” “Se aspetto, poi, ce l’hanno un posto qui per dormire stanotte?” – sono domande a cui non sta a me, che sono una volontaria specializzata in “accoglienza“, trovare risposta. Più avanti, nel corso del pomeriggio, entreranno in campo i volontari e gli operatori specializzati nell’ascolto, che raccoglieranno le storie di quelli che sono qui in attesa, cercando di trasformare i loro faticosi percorsi di vita in cammini di speranza.

Fedele al mio ruolo di “accoglienza”, distribuisco carta e penna per compilare una lista ordinata dei presenti e faccio uscire dalla cucina acqua, succo di frutta, brioche e pizzette calde – dono giornaliero di alcuni bar della città – e rassicuro tutti, indistintamente: “Non preoccupatevi, che una soluzione si trova”,  “Con questo freddo, a gennaio e febbraio non si lascia nessuno a dormire per strada”. Per fortuna, qui al Centro di Ascolto le persone in attesa non si trasformano mai in numeri – come davanti al banco gastronomia di un supermercato – ma restano nomi, volti, sguardi, voci e, soprattutto, storie. Storie lunghe anni, a volte, perché i percorsi per uscire dalle situazioni di disagio, povertà e difficoltà sono sì possibili, ma certo mai agevoli, rettilinei e, soprattutto, rapidi. Così molti dei volti che mi attendono qui al Centro, ogni settimana, sono famigliari e conosciuti e le domande e risposte si trasformano facilmente in amichevoli conversazioni.

Tra le persone in attesa c’è anche qualche volto nuovo; se ne resta in disparte, con l’espressione un po’ perplessa e incerta di quei viaggiatori che, alla stazione, si guardano intorno non proprio convinti di essere capitati sul binario giusto. Poi si avvicina, a volte titubante – mano alzata in un gesto di scusa e sulle labbra la fatidica domanda “e adesso cosa succede?” – in altri casi quasi impaziente, determinato a raccontare, tutto e subito, lì in piedi in mezzo all’ingresso, il proprio problema e, magari, anche a illustrare la soluzione che è venuto a cercare. ”Siete nel posto giusto. Adesso sedetevi, rilassatevi e fate merenda. Abbiamo anche un angolo giochi per i bambini e una bacheca appesa al muro con un po’ di offerte di lavoro. Poi, i nostri operatori vi ascolteranno e vi aiuteranno a trovare la giusta soluzione ai vostri problemi” rispondo, sempre sorridente. Il sorriso è l’essenza della giusta “accoglienza” e il compito di noi, ”volontari del servizio di accoglienza”, è semplicemente quello di mettere in relazione, nel miglior modo possibile, coloro che si rivolgono al Centro con operatori e volontari formati proprio all’ascolto delle situazioni di difficoltà.

Martedì scorso mi è successa una cosa inaspettata e voglio raccontarvela: tra i nuovi venuti al Centro di Ascolto mi è capitato di incrociare uno sguardo non anonimo, ma ben conosciuto: quello di un vecchio vicino di casa di mia madre, che mai avrei pensato potesse attraversare un periodo di difficoltà. Il primo impulso è stato quello di avvicinarmi e, con un’espressione a mezzo tra stupita e rammaricata, domandare: ”Luigi, lei qui? Ma cosa ci fa?” Mi sono ripresa subito, però, e l’ho salutato con lo stesso “Buongiorno, Luigi!” neutro e sorridente che avrei destinato a un incontro casuale tra le bancarelle del mercato. Luogo e situazione non si adattavano a uno stupore che, inevitabilmente, avrebbe portato con sé anche l’ombra di un giudizio. Frequentando il Centro di Ascolto della Caritas diocesana, mi sono resa conto che i racconti di chi, a un certo punto della propria vita, si ritrova a bussare qui alla ricerca di aiuto sono popolati da una pluralità di avvenimenti diversi – eventi imprevisti, congiunture sfavorevoli, sbagli di cui si erano sottostimate le conseguenze – e che, d’altra parte, nessuno di noi può essere certo che la propria vita sia completamente immune a quel tipo di accadimenti. Incontrare qui, oggi, Luigi me lo ha ricordato una volta di più. Perché, a volte, può essere sufficiente una singola perdita – del lavoro, della salute, di un sostegno o di una persona cara – per fare deragliare una vita e spostarla da una parte all’altra della barricata: dalla possibilità di aiutare al bisogno di essere aiutati.

Il pomeriggio in “accoglienza” continua: la sala d’attesa è piena, il profumo del caffè preparato da Valeria si spande per il corridoio, i due uffici aperti per gli ascolti funzionano a pieno regime, i bambini rumoreggiano giocando e c’è tempo anche per un po’ di chiacchiere rilassate, per ingannare l’attesa. Spesso suona il campanello e qualcuno si presenta per donare: vestiti usati, verdura di stagione, cibo o medicinali. Noi volontari del Centro di Ascolto ringraziamo tutti per la buona volontà, perché donare costa sempre un piccolo sforzo – anche solo di pensiero.

Concludo con le parole di Tullia, una volontaria come me, che ben riassumono il senso del nostro servizio: “La nostra “accoglienza” è l’impatto tra chi ha bisogno e il Centro di Ascolto della Caritas. È un incontro di sguardi tra chi chiede e chi risponde. È un incontro di anime prima che di parole. È la disponibilità ad ascoltare e ricevere persone che, nonostante tutti i loro problemi, amano come noi la vita e vogliono viverla appieno.” Anche il tempo può essere un dono: se avete anche solo poche ore alla settimana da donare agli altri, unitevi a noi volontari del Centro di Ascolto diocesano. Chiamateci allo 0546 680061. Vi aspettiamo!

 

Cristina Ghetti – Volontaria accoglienza Caritas Faenza

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